Francisco Franco: il patrimonio familiare

Il 20 novembre 1975, la famiglia del Generale Francisco Franco perse tutto il potere, mantenendo però tutta la ricchezza in denaro che aveva sino ad allora acquisito.

L’immagine iconografica della famiglia crollò assieme al regime: passò dall’essere la cuspide di un’immensa e potente piramide di potere, ad essere considerata alla stregua di quegli “appestati sociali” che fino a poco prima perseguiva. Colpiti da una improvvisa perdita di privilegi, alcuni di loro si dedicarono al “vittimismo”, mentre altri si fecero discretamente da parte, ed altri ancora ebbero il coraggio di volgersi contro il trattamento che la democrazia stava loro riservando, senza rendersi conto che quel trattamento era infinitamente migliore di quello che Franco ed i suoi seguaci avevano riservato alla stessa democrazia fino a poco prima.

Persero sì privilegi, ma ne mantennero anche moltissimi: la vedova del Generalissimo, Carmen Polo, percepì, fino alla morte, una pensione che superava persino lo stipendio dei presidenti Adolfo Suarez e Felipe Gonzalez, mentre la figlia ed il genero goderono di un passaporto diplomatico, fino al 1986, anno in cui scadette. E mentre lo Stato non si mise mai a controllare i conti privati della famiglia, il Re li investì di una nuova carica: il Ducato dei Franco. Non andarono in esilio e nessun loro bene venne confiscato, nemmeno quelli che Franco ricevette come Capo di Stato, e che sarebbero serviti a migliorare una situazione economica statale piuttosto precaria (cosa che invece avvenne per la famiglia del dominicano Leònidas Trujillo subito dopo il suo assassinio nel 1961).

A differenza dei discendenti di Pinochet – processati per malversazione nel 2007 – non vennero mai perseguiti, e presto nessuno fece più caso a loro, nemmeno quando si allearono politicamente all’estrema destra, riproponendo una serie di atti puramente nostalgici. La famiglia Franco si salvò da tutto questo solo grazie ai “conciliatori” della Transizione.

Il 20 novembre l’anniversario della morte di Franco, non ci sono più (ma da pochi anni) atti semi-ufficiali o commemorazioni. Qualunque proposta è stata bocciata. Ci saranno, questo sì, la tradizionale messa a Valle de los Caídos, in memoria del dittatore, alla quale sicuramente assisterà la figlia Carmen, attuale amministratrice dell’impero immobiliare creato e mantenuto da quella che è stata una delle famiglie principali del paese attraverso leggi e benefici che tuttora risalgono ai tempi del regime.  Secondo il giornalista Sanchez Soler (che pubblicò il libro Los Francos S.A.) le proprietà della famiglia Franco superavano, nel 1975 il miliardo di pesetas. Nei decenni successivi furono costretti a vendere diverse proprietà, incluso il “Palacio del canto del Pico”, uno dei luoghi preferiti dal dittatore.

Costruito nel 1920 su un terreno di circa 820.000 m2 e regalatogli dal Conte de Las Almenas, il Palazzo venne dichiarato Museo di Stato nel 1955, e nel 1988 Carmen Franco lo vendette per 320 milioni di pesetas (circa 2 milioni di euro) ad un imprenditore del settore alberghiero.

Dalla morte del Generale, i Franco hanno avuto una fortuna altalenante nel campo immobiliare, e fu solo grazie alla riqualifica della Finca di Valdefuentes – Madrid – del 2003 che hanno potuto mantenere uno stile di vita che iniziava, invece, a decadere. Solo nel 2007, grazie al deputato Joan Herrera lo Stato iniziò ad investigare sui conti ed il patrimonio della famiglia: “Molta gente – disse allora Herrera – si chiede come sia possibile che con i problemi economici che il nostro paese deve affrontare, non si sia fatto nulla sin’ora in questo senso”. L’obiettivo finale era confiscare alla famiglia il Pazò de Meiras, residenza – tuttora – estiva della famiglia. Ma il progetto non ebbe seguito, poichè risultava che il palazzetto era un regalo ricevuto dalla famiglia del Generale.

L’unica vittoria ottenuta in questo senso da Herrera fu quella di far riconoscere il Pazò “bene di interesse culturale”, e far sì che venisse aperto al pubblico: anche qui però Carmen Franco pose un veto, le visite sono permesse, ancora oggi, solo per quattro giorni al mese.

A cura di Diletta Fraizzoli