I fari delle Baleari: la luce dei naviganti

Dopo settimane di lunghe consultazioni, i saggi del regno di Tolomeo II° richiesero i servigi degli artigiani dell’epoca, per costruire la più alta struttura muraria mai esistita sino ad allora. Gli artigiani si misero nelle mani dell’architetto Sostrato de Gnido, e in breve tempo crearono una struttura alta circa 120 metri, in marmo bianco e sulla cui sommità era previsto ardesse un costante falò, alimentato a legna e resina. Con il tempo quella costruzione sarebbe diventata una delle grandi meraviglie del mondo antico : il faro di Alessandria.

Oggi non rimane nulla di quella spettacolare costruzione, ma i testi antichi raccontano che era visibile da più di 50 kilometri di distanza, e che venne a lungo considerata la prima “Grande Luce del Mare”. Una luce sacra, eretta in un luogo di pellegrinaggio per naviganti e marinai, che vi si recavano per ringraziare Proteo – genio e custode dei mari – e per richiedere la sua protezione contro tempeste e morti in mare. Così ha inizio la storia dei fari. Da allora, migliaia di navi hanno avuto il loro punto di riferimento verso nord, nelle lunghe ed oscure notti in mare.

Le Baleari sono terre di fari: oltre alla peculiare condizione di arcipelago, infatti, le coste frastagliate delle singole isole hanno reso i fari degli strumenti indispensabili a garantire una buona navigazione. Se ne contano ben 33 in tutto l’arcipelago, e la loro luce intensa e chiara supera le dieci miglia nautiche.

Anche se sembra strano questa spettacolare invenzione del mondo antico non ebbe grande successo in Spagna fino alla metà del XIX° secolo; fu infatti per ordine del generale Espartero – che pretendeva che le coste dell’arcipelago fossero ben illuminate anche la notte – che i fari tornarono alle loro antiche origini. Il primo ad “accendere la sua luce” fu il faro di Sa Dragonera e di Mahon, nel 1850, cui seguirono Formentor, Capdepera, Cabrera, Cavalleria… anche se la Spagna possiede due più antichi fari di Spagna, gli unici in funzione dalla fine del XIII° secolo : Portopì a Palma e Hèrcules a La Coruna.

Nel secolo XVII°, con la costruzione della fortificazione di San Carlos vennero costruite le prime torri d’avvistamento, a cui pirati e i corsari non davano tregua, attaccandole a ripetizione e distruggendone le parti in vetro: stanchi di dover continuare a ricostruire le torri difensive, gli ingegneri decisero di dotarle di una lanterna di segnalazione, gemella di quella utilizzata nei fari. Riuscirono così ad unificare il sistema di illuminazione con quello di informazione: durante la notte la lanterna faceva da riferimento ai naviganti, mentre durante il giorno serviva per dare informazioni sulle navi in avvicinamento a Cap Blanc o Cala Figuera – tipo di imbarcazione, numero identificativo, numero di persone a bordo…e soprattutto se avevano intenzioni pacifiche o meno. Grazie alle sue luci azzurre, rosse, gialle e blu questo sistema di allerta funzionò per circa mezzo millennio, fino a quando vennero le funzioni di vedetta furono soppresse nel 1971.

Sembra che prima del faro di Portopì ve ne fosse uno in funzione sin dalla dominazione romana, nella baia di Alcudìa, di cui però ancora oggi si ignora l’esatta ubicazione. Non sembra comunque essere stato l’unico, data l’importanza culturale da sempre ricoperta dalla navigazione nell’arcipelago, date le testimonianze che si possono trovare in alcuni disegni rupestri nella Cova de Tudons, a Minorca.

fari di minorca, favaritx

Comunque sia oggi come oggi quello di Portopì è l’emblema dei fari spagnoli. Sin dall’inizio della sua esistenza venne considerato uno strumento “privilegiato” e tenuto in eccellente considerazione dagli stessi re di Mallorca. Inizialmente veniva alimentato con l’olio che avanzava dalla “Banca dell’Olio”, e che veniva (gratuitamente e per regio decreto) portato al faro. Successivamente l’olio di paraffina sostituì quello d’oliva, poi fu la volta del gas, dell’acetilene, fino ad arrivare all’attuale utilizzo di lampade a 3000 watt.

Paradossalmente uno degli aspetti più particolari della visita ad un faro è che all’interno la luce non è forte o accecante come ci può sembrare quando la vediamo illuminare lunghi tratti di mare buio. Forse proprio perchè l’immensità e l’oscurità del mare potenzia quest’energia luminosa. Una energia che unita alle particolari e strategiche ubicazioni di queste strutture, ai limiti tra mare e terra, in luoghi inospitali e di difficile accesso, su scogli che la notte sembrano elevarsi come vele fantasma, ha fatto dei fari uno dei migliori referenti della letteratura romantica e nelle storie dei miti dell’antichità. Da Baudelaire, il poeta maledetto, a Verne, sono pochi gli autori che non si sono arresi di fronte all’attrazione che suscitano i fari, spesso incontrandovi anche una vastissima fonte d’ispirazione.

Il difficile accesso obbligò a crearvi all’interno un’abitazione per chi veniva incaricato del suo mantenimento, e in alcuni casi si costruivano case adiacenti, perchè il lavoro richiedeva la presenza di più custodi che coprissero diversi turni.  Oggi purtroppo i custodi non ci sono più, e con loro è scomparsa una importante eredità storica, ed è proprio per questo che sarebbe necessario riscoprire il valore storico e culturale di queste imponenti torri circolari, simbolicamente dipinte di bianco come la luce.